Iniziamo vedendo un po’ di definizioni.
- Sono denominate catene del valore tutte quelle forme di attività economica per la quale la produzione di un bene o servizio è ripartita tra diverse nazioni.
- Le terre rare sono 17 elementi chimici indicati nella tavola periodica degli elementi e classificati come metalli, ovvero Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio, Lutezio, Ittrio, Promezio e Scandio. Suddetti metalli sono fondamentali nella produzione di batterie per veicoli ibridi e per la produzione dei cellulari. Sono inoltre fondamentali per la produzione di energia eolica, solare, elettrica, per le comunicazioni ottiche (fibra ottica) e per l’implementazione di tecnologie militari. La Cina possiede il 40% delle riserve mondiali, seguono Brasile e Vietnam per il 18%, Russia per il 15%.
L’amministratore della NASA Jim Bridenstine ritiene che sarà possibile l’estrazione di metalli delle terre rare dalla superficie lunare “in questo secolo”. A tal proposito si veda l’articolo cliccando su questo link.
La pandemia ha provocato delle profonde mutazioni nelle catene del valore a livello mondiale, le quali sono diventate più corte ma anche più sfilacciate perdendo così di compattezza (ricordiamo che le catene del valore permettono, ad esempio, di acquistare i componenti per realizzare un prodotto finale da diverse nazioni, migliorandone così l’efficienza nella produzione e riducendo i costi). Ebbene la Cina in questo momento possiede una tendenza ad aumentare le catene del valore e di crearne e modellarne di nuove.
Se ci soffermiamo sulla crisi Ucraina, ci rendiamo conto delle ripercussioni sulle catene di approvvigionamento. Wolkswagen e Bmw, ad esempio, hanno dovuto interrompere le proprie produzioni di cablaggi per i propri autoveicoli prodotti appunto in Ucraina. Sui mercati iniziano a scarseggiare i chip, crisi già iniziata con la pandemia. Il neon, elemento fondamentale per la scrittura sui wafer di silicio delle componenti di un chip, provengono da Ucraina e Russia.
La soluzione alla crisi delle catene del valore, si incontra in una politica di reshoring (rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato in Paesi asiatici come Cina o Vietnam o in Paesi dell’Est Europa come Romania o Serbia), soprattutto in questo periodo storico dove i costi dell’energia e delle commodity (petrolio, carbone, gas naturale, ect.) dei semilavorati e della logistica stanno raggiungendo prezzi ingestibili.
La Cina in particolare ha via via aumentato la propria presenza nel commercio internazionali delle proprie manifatture, passando dal 5,5% mondiale nel 2000 al 16,2% nel 2018. Viceversa l’America è scesa dal 23,2% al 15,7% e l’Europa dal 45% al 41,3%. Nel complesso pertanto la Cina ha elaborato ed attuato una politica che alla fine si realizza in un controllo sempre maggiore.
In particolare la Cina ha iniziato sviluppando una politica industriale autonoma ed aggressiva, baricentrata sul dirigismo estremo dell’autoritarismo e munita di manager e banchieri formati alla doppia scuola del Partito Comunista Cinese e delle università americane della Ivy League.
Vediamo adesso la questione delle terre rare.
In questo momento il 75% del valore aggiunto generato dalla Cina ha origine in Cina stessa. In altre parole quando assemblo dei componenti per ottenere un prodotto finito, fornisco al prodotto finale un valore aggiunto, poiché le componenti iniziali avevano un certo valore e poi assemblandole ottengo un prodotto finito che vendo ad un prezzo più alto, questo appunto è il valore aggiunto che ho prodotto. Se l’assemblaggio lo effettuo tutto in casa mia, beneficerò io di tutto il guadagno dettato dal valore aggiunto. Se invece incomincio ad avvalermi di altre nazioni per l’assemblaggio parte del valore aggiungo lo produrrò all’esterno ed alla fine dovrò dividere con altre nazioni il mio guadagno da valore aggiunto. Ebbene la Cina è riuscita a produrre in 75% del valore aggiunto in casa propria, viceversa gran parte delle nazioni mondiali hanno delegato alla Cina la creazione del valore aggiungo dei propri prodotti, facendo produrre alla Cina stessa maggiori guadagni.
Altro punto è rappresentato nel caso dell’Europa dalla dipendenza dalla Russia. Oggi l’Europa grazie alle forniture di materie prime russe è in grado di produrre l’1,35% del proprio pil (prodotto interno lordo). Viceversa la Russia grazie all’Europa è in grado di produrre il 15% del proprio pil.
Ma pensiamo ora a cosa succederebbe se la Cina incorporasse in se la Russia.
Ebbene la Cina potrebbe iniziare a sfruttare il gas, il petrolio e le terre rare della Russia e questo produrrebbe indubbiamente delle nuove dinamiche mondiali.
Inoltre la Cina sta sempre più realizzando un controllo delle terre rare tra Asia ed Africa. Ciò andrà a realizzare un disaccoppiamento delle catene del valore, una a controllo Occidentale e l’altra a controllo Cinese.
Pertanto tirando le somme dell’articolo: la possibile incorporazione della Russia nella catena del valore cinese ed il disaccoppiamento della catena del valore per materie prime, energia e terre rare realizzerà un nuovo assetto cui assisteremo nel futuro prossimo venturo.
Tratto da IlSole24Ore del 20/03/2022
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